Sia chiaro: non amo parlare di me, ma pare sia necessario e tanto vale farlo in prima persona, più che affidarsi a una scheda o cose del genere. A chi possono interessare davvero la mia età e il mio luogo esatto di nascita? Ho provato a ribaltare la situazione chiedendo a Mirella, Marco ed Emilio di scrivere loro di me e prendersi la briga di presentarmi. Ho cercato di fargli capire quanto raffinata sarebbe stata questa scelta, ma non ci sono cascati. Alla fine, la verità è molto semplice: non so da dove iniziare. Non parlo mai di me, lascio sempre che siano gli altri. Mi manca l’abitudine, ma ci proverò.
Dunque, sono anche io parte del mondo accademico, come Mirella, Marco ed Emilio, anche se a loro differenza la mia base non è in Italia, che è solo in parte il mio paese.
Li ho conosciuti, no a caso, a un convegno internazionale organizzato dalla loro universtà. In realtà, ho conosciuto Emilio, uomo decisamente notevole, durante uno dei break caffè dei lavori (noiosissimi e inutili per il mio campo di ricerche che è la psicologia) e quando Mirella lo ha raggiunto mi ha fatto piacere poterla osservare più da vicino. L’avevo già notata la mattina precedente e la sera, mettendomi a letto, non riuscivo ancora a togliermela dalla testa. Non per la sua bellezza, decisamente fuori dal comune, d’accordo, ma per il suo modo di occupare lo spazio. Una stanza, indipendentemente dalla sua grandezza, appare spoglia se lei ne esce, poiché appena va via ci si rende conto che era lei ad arredarla se non a riempirla.
Il suo modo di guardarsi in giro mi ricorda quello dei felini che ho incontrato in un safari africano (era un progetto di studio anche in quel caso, non una vacanza, non ne faccio mai): misura lo spazio, gli oggetti e le persone e dà l’impressione che possa impossessarsene solo con uno sguardo. Lo aveva fatto anche con me? Non mi si nota molto in generale, ma a lei nulla sfugge e la mia dose dei suoi occhi verdi sulla nuca me l’ero presa anche io. La sera stessa, a convegno finito, abbiamo cenato insieme, noi tre sulla terrazza dell’albergo e anche se io non ho fatto nulla per invogliarli mi hanno rivelato alcuni dei loro segreti anche se quasi in maniera casuale. Erano una coppia, ma lei chiamava il marito al telefono.
Lì, davanti a lui e lasciando che io ascoltassi. Capire il resto è stato facile. Non faccio attività clinica, ma di casi e di vite ne conosco a migliaia e loro appartengono alla tipologia di chi vuole essere riconosciuta (vi evito i termini tecnici, non per umiltà immagino, ma per presunzione). Vogliono un pubblico ma selezionando a modo loro. Io ero il loro, l’unico fino a quel momento e si sono esibiti per me. Marco l’ho conosciuto qualche settimana dopo, in una delle tante festicciole a casa di Serena. Da allora non ho smesso di frequentarli e ci siamo visti spesso o in giro per l’Europa o nella loro città, nella quale mi capita spesso di andare.
L’idea di scrivere di loro è nata da loro stessi, ma alla fine non è stato necessario pregarmi: avevo sempre avuto voglia di scrivere di narrativa, ovvero qualcosa di diverso dai testi scientifici e dai manuali didattici che sono la mia normale attività pubblicistica. Il tema del poliamore mi affascinava e così quello delle relazioni complicate e dei tradimenti. Soprattutto mi affascinava il modo con il quale vivono la loro fluidità sentimentale e sessuale. Sono anch’io così e rifiuto la binarietà, anche se ci ho messo 20 anni, metà della mia vita, a comprenderlo. La loro vicenda meritava di essere raccontata perché esemplare di un modo di vivere e di essere molto più comune di quanto si pensi, che richiede coraggio e merita di essere raccontata fin dalle sue origini e seguitanei suoi sviluppi. Stiamo infatti preparando un prequel e un sequel di Mirella e i suoi uomini.
Cos’altro dire di me? Forse che Sangiorgio è il cognome di mia madre che come usa in Spagna, mio paese natale, è parte del mio cognome completo che però non uso mai. All’università mi conoscono solo con quello di mio padre, che è inutile rivelare qui. Sàscia, scritto esattamente così, è invece l’unico nome che ho, soprannome di un lontano prozio partigiano.
Ah, dimenticavo: devo rispondere alla domanda di un lettore e la risposta è no, decisamente no, non ho mai fatto sesso con Mirella, Marco o Emilio e mai potrebbe accadere. E sapete perché? Perché essere fluidi, non binari, poliamorosi eccetera non significa essere assatanati di sesso e pronti a farlo con chiunque. I sentimenti vengono prima e l’amicizia è uno di essi. Siamo amici e continueremo ad esserlo. Questo basta, non credete?